martedì 10 giugno 2008

Opinioni: il Nobel CARLO RUBBIA

Il pensiero sulle centrali Carlo Rubbia premio Nobel per la fisica Intervista di Antonio Cianciullo (Repubblica 6/6 08)
ROMA - «E' sempre il vecchio problema della trasparenza che abbiamo conosciuto ai tempi di Chernobyl. In Francia dicono "annegare il pesce", cioè confondere le acque.
Tre ore di ritardo nel segnalare alle autorità internazionali il guasto nella centrale slovena sono troppe, decisamente troppe».
Dal suo osservatorio svizzero, Carlo Rubbia segue con una certa preoccupazioni gli eventi che hanno portato al blocco della centrale nucleare di Kr­sko.
Pensa che quelle tre ore di ritardo avrebbero potuto sca­tenare problemi più gravi?
«Dico che ancora non sap­piamo con esattezza quello che è successo, che i tecnici stanno cercando di capire cosa non ha funzionato, cosa ha prodotto il malfunzionamen­to».
Un problema che comun­que non sembra essere stato particolarmente grave.
«Non è stato particolarmen­te grave masi è trattato dell' en­nesimo campanello di allar­me. Siamo di fronte a una tec­nologia che è già vecchia e sta diventando obsoleta».
Oggi però i reattori di terza generazione, quelli che segui­ranno il primo in costruzione in Finlandia, vengono presen­tati come il nuovo.
«Sinceramente non vedo una grande differenza tra i reattori di seconda generazio­ne, quelli di cui leggiamo spes­so nelle pagine di cronaca, e i reattori di terza generazione. I miglioramenti sono margina­li, non vanno a intaccare il cuo­re del problema».
Cioè la sicurezza?
«Non solo la sicurezza. I punti critici riguardano le sco­rie, l'approvvigionamento dell'uranio, l'efficienza delle macchine, la proliferazione nucleare. Con la terza genera­zione, quella che si potrebbe costruire oggi, tutti questi fat­tori, che finora hanno costitui­to un freno potente allo svilup­po della tecnologia nucleare, restano in campo. Noi stiamo parlando di una tecnologia che risale agli anni Sessanta, ai tempi dei primi sottomarini nucleari. Ma veramente vogliamo tenerla in vita fino 2050, quando avrà quasi un secolo?
Eppure è proprio questo il progetto lanciato in Italia: av­viare oggi la costruzione di impianti nucleari che nella migliore delle ipotesi, se nes­suno si opporrà e tutto filerà liscio, saranno pronti attorno al 2020.
«Cosa vuole che le dica ... lo le posso dare solo un giudizio scientifico. Se si vuole vera­mente fare un salto in avanti, se si vuole imboccare la strada di un' energia efficiente e a bas­so impatto ambientale, biso­gna avere il coraggio di scom­mettere sulla ricerca, bisogna puntare sulla quarta genera­zione. Quella sola darà vantaggi reali e significativi. Quando si parla di quarta generazione non si parla di un modello unico ma di una fami­glia di reattori, tra cui quello al torio su cui ho lavorato per die­ci anni, che hanno in comune altissime prestazioni. Innanzi­tutto l'efficienza: un reattore di terza generazione ha bisogno di 200 tonnellate l'anno di ura­nio, che è una risorsa piuttosto limi­tata, mentre a un reattore di quarta generazione basta una tonnellata l’anno di torio, che è abbondante come il piombo».
E per quanto riguarda le scorie?
«La sicurezza fa un salto a tutti i livelli, anche a quello del­le scorie. Si passa da una ra­dioattività che dura milioni di anni a un problema che si mi­sura nell' arco dei secoli».
Da un orizzonte geologico a un orizzonte umano. «Esattamente. E poi si risol­ve anche in maniera radicale la minaccia della proliferazione atomica che oggi rappresenta una preoccupazione crescen­te e che, con eventuali reattori al plutonio. diventerebbe an­cora più allarmante. Con il to­rio invece è tutto molto più semplice per l'ottima ragione che con questo materiale non si costruiscono bombe.
C' è solo una possibilità: scommettere sulla scienza. Non possiamo accontentarci di soluzioni vecchie e pericolo­se: dobbiamo investire risorse e intelligenza nella costruzio­ne di un sistema energetico che sia al tempo stesso effi­ciente e sicuro».

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